Lettera n. 128

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Giudici, Gaetano
Data
7 febbraio 1820 (7 febbrajo 1820.)
Luogo di partenza
Parigi
Luogo di arrivo
Milano
Lingua
italiano
Incipit
Sarei impacciato a ringraziarvi
Indirizzo
A Monsieur | le Conseiller, Abbé Caïetan Giudici | Contrada degli Omenoni | à Milan
Regesto

Accenna alle critiche mosse al Carmagnola, e spiega i “due generi di interesse” che un dramma deve offrire.

Testimoni
  • (originale) Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Manz.B.XXXIII.158, cc. 2rv
    (Timbro postale: «MIL.O FEB. | 19». )
Edizioni
  • DE GUBERNATIS 1879, p. 155.
  • SFORZA 1882-1883, vol. I, p. 170.
  • SFORZA 1912-1921, vol. I, p. 464.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 128, vol. I, pp. 192-195, note alle pp. 800-801.
Opere citate

Il Conte di Carmagnola

+ Testo della lettera

Serbando la legge del silenzio così ragionevolmente imposta agli scrittori in ciò che riguarda i loro parti io non vi avrei certo fatto parola di quel povero Carmagnola; ma voi mi avete aperto un adito, e addio silenzio. Lasciate adunque che io vi ringrazi dell'avermi voi dato il più bel premio e nello stesso tempo la più utile scuola che un manufatturiere di poesia possa desiderare, cioè la cognizione dell'impressione che un suo lavoro ha prodotta su un animo elevato e su un ingegno grande ed esercitato. Benchè voi abbiate alla fine ritirate le prime vostre obbiezioni, non vi maravigliate se io non mi tengo pienamente assoluto da una seconda sentenza che posso forse attribuire alla vittoria dell'amicizia sull'imparzialità. Vi esporrò quindi brevemente i motivi che mi hanno condotto nei passi che vi urtarono dapprima acciocchè voi giudichiate anche le mie intenzioni, e mi sia il giudizio vostro una norma per l'avvenire. Io aveva sentito che le circostanze e le azioni del Carmagnola non erano in proporzione coll'animo suo e coi suoi disegni, ma questa dissonanza appunto è quella che io ho voluto rappresentare. V'erano due difficoltà, una di diritto per così dire. Un uomo di animo forte ed elevato e desideroso di grandi imprese, che si dibatte colla debolezza e colla perfidia de' suoi tempi, e con istituzioni misere, improvide, irragionevoli, ma astute e già fortificate dall'abitudine e dal rispetto, e dagli interessi di quelli che hanno l'iniziativa della forza, è egli un personaggio drammatico? Su questa questione che può spiegare tutto un sistema drammatico io aspetto da voi, quando vi piaccia occuparvene, la soluzione la più ragionata ed autorevole. L'altra difficoltà era per me il ridurre questa idea, quando sia plausibile, ad una lodevole pratica, ma in questo il vostro giudizio non mi sarà tanto sicuro, poichè si esercita sopra un amico. Il Coro era fatto certamente coll'intenzione di avvilire quelle stesse guerre a cui io voleva pure interessare il lettore: vi è contraddizione fra questi due intenti? Io non saprei certo affermare il sì nè il no: ma vi sottometto brevemente i motivi che mi hanno fatto credere possibile di eccitare questi due sentimenti. Mi sembra che lo spettatore o il lettore possa portare ad un dramma la disposizione a due generi d'interesse. Il primo è quello che nasce dal vedere rappresentati gli uomini e le cose in un modo conforme a quel tipo di perfezione e di desiderio che tutti abbiamo in noi: e questo è, con infiniti gradi di mezzo, l'interesse ammirativo che eccitano molti personaggi di Corneille, di Metastasio, e di infiniti romanzi. L'altro interesse è creato dalla rappresentazione la più vicina al vero di quel misto di grande e di meschino, di ragionevole e di pazzo che si vede negli avvenimenti grandi e piccioli di questo mondo: e questo interesse tiene ad una parte importante ed eterna dell'animo umano, il desiderio di conoscere quello che è realmente, e di vedere più che si può in noi e nel nostro destino su questa terra. Di questi due generi d'interesse io credo che il più profondo, ed il più utile ad eccitarsi sia il secondo; credo che si possano anche riunire in una azione e in un personaggio perchè si trovano uniti spesso nel fatto, e tengo poi fermamente che sia metodo vizioso quello di trasportare negli avvenimenti la perfezione che non è che nella idea, e che quando sia rappresentata in idea è veramente poetica e morale. Voi vedete che ho voluto tentare di conservare entrambi questi mezzi di commozione e di riflessione, impiegandone uno nella tragedia e l'altro nel coro. A persuadermi di non aver riuscito ci vuol poco, perchè sento anch'io quanto la esecuzione sia lontana dalla idea: ma a provarmi la falsità della idea sarebbero necessarie molte ragioni, che spero di non sentire da voi, perchè amo credere che penserete in questo com'io. Ben inteso che voi supplirete a questi cenni confusi e scritti alla sciamannata. La carta mi manca, e quel che è peggio il tempo. Non voglio ritardare a domani questa lettera per ridurla in più ragionevole figura intrinseca ed estrinseca. Dacchè ho perduta la speranza di divenire un giorno accademico della Crusca, mi sono lasciato andare agli eccessi i più straordinarj della licenza: il peggio si è che la più parte di queste mie ciarle peccano contro il senso, ma a questo supplirà il vostro, e a tutto la indulgente vostra amicizia.