Lettera n. 262

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Rossari, Luigi
Data
6 agosto 1827 (li 6 agosto 1827.)
Luogo di partenza
Genova
Luogo di arrivo
Milano
Lingua
italiano, latino, toscano
Incipit
Fra il romore che menano i piccioli e i grandi
Indirizzo
Al Signor | Prof.e Luigi Rossari | Cont.da di Borgonuovo, di contro alla Posta | Milano
Regesto

Alessandro Manzoni da Genova, in viaggio verso Firenze, dà a Rossari notizie di sé e della famiglia; lo incarica di svolgere alcune commissioni e manda saluti agli amici.

Testimoni
  • (originale) Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Manz.B.I.97a/4, cc. 2rv
    (Timbri postali: «GENOVA | 8. AGO[STO]»; «MIL.O 9 AGO.O»)
Edizioni
  • SFORZA 1912-1921, vol. II, p. 299.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 262, vol. I, pp. 423-426, note alle pp. 915-916.
  • CARTEGGI LETTERARI 2016, lettera n. 87, pp. 232-235, note alle pp. 236-238.
Opere citate

I promessi sposi

+ Testo della lettera

Adesso mo, facciam conto d'essere sul mio canapè dinanzi al fuoco, o almeno al cammino, e chicchirilliamo. Vuoi tu ch'io dia di che far fare il vecchio a certi galantuomini? Son qui; e non ti dirò tutto quel che potrei; ma in questo poco potrai anche scorgere come io ho saputo portarmi da amico, e far per loro quel che avrei fatto per me. Un colto ed amabile piemontese mi domanda: che fa ora il sig.r Grossi? – Riposa. – È giusto, ma confesso che me ne spiace, e spero... – È mio intimo amico, interrompo io, rassettandomi la cravatta. – L'ho saputo dal suo romanzo; io non ho il piacere di conoscerlo di persona, ma pei suoi scritti sento un vero entusiasmo; non le saprei dire quanto ne abbia provato leggendo quei quindici... – Vedendo che il brav'uomo si andava ingolfando nelle vanità, io l'interruppi di nuovo, dicendo: eh! niente; non è niente l'ingegno; bisognerebbe ch'ella conoscesse il cuore di quel caro Grossi, che potesse ammirare quella bontà, quella modestia... E mutai discorso. I piemontesi, come sai, sono assai bene educati, e questo lo è distintamente; sicché non insistette sul primo argomento; ma se ci tornava, io, per salvar la modestia del nostro caro amico, mi sarei piuttosto gittato a parlar delle astrazioni che pativa altre volte, e avrei procurato di tirarmi nella memoria qualche fatterello in proposito: forse uno o due ne avrei trovati. Due bravi giovani di Genova, con una cert'aria di voler far fare il vecchio a me, mi lodano quel tratto dei pochi e valenti: non so se tu te ne ricorderai, ma Torti, sicuro. – Felicissimo | quel tratto, dice uno: non si poteva meglio qualificare... – Ah! quel bravo Torti! diss'io: siam tanto amici! - (E giù la cravatta.) – Veramente quello che si ha di lui fa desiderare... cominciava l'altro; ma io fuori un altro discorso anche qui. E se anche questi ricadevan nel primo, io era pronto a dir loro che veramente il bravo Torti ha perduto in vita sua qualche quarto d'ora, e che avrebbe in illo tempore, potuto qualche volta menare un po' più la penna, se avesse menato meno la gamba. Oh contale un po' queste storie a codestoro, che spero saranno contenti di me. Del qual me ti voglio pur contare una vecchiatina, perché son certo che ne avrai gusto. Uno di quei due nominati in ultimo mi disse iersera d'aver trovati nella mia Opera molti modi di dire ch'egli aveva fino allora creduti genovesi pretti. Poco mancò ch'io non gli gittassi le braccia al collo, e lo baciassi su l'una e su l'altra gota; ma non ne ho fatto nulla, perché c'era delle signore presenti, e non avrei voluto eccitare invidia ne' loro petti gentili. E per te? Ah figliuol mio, finché non ti risolvi di far gemere, non ti aspettar di fare il vecchio così lontan da casa: sarai sempre pivello. Ma l'è tua colpa.
[...]
A Ferrario ti prego pure di far tanti saluti e di dirgli che questo sig.r Gravier mi ha contato il prezzo dei 12 esemplari, in tanti bei pezzi nuovi di franchi 5, l'uno sopra l'altro. E ch'io ho un gusto matto che non restino più che 36 di quegli esemplari, e che ne avrò un mattissimo quando saranno iti anche loro.