Lettera n. 282

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Swan, Charles
Data
25 gennaio 1828 (25 Gennajo, 1828.)
Luogo di partenza
Milano
Luogo di arrivo
Pisa
Lingua
italiano
Incipit
Si ricorda Ella di quel personaggio
Regesto

Manzoni spiega a Swan il significato ironico dell'espressione «un barbaro che non era privo d'ingegno» riferita a Shakespeare nei Promessi sposi.

Edizioni
  • NUOVO GIORNALE LETTERATI 1828, pp. 180-172.
  • THE BETROTHED LOVERS 1828, vol. I, pp. xi-xvii.
  • BELLEZZA 1896, pp. 103-106.
  • BERTOLDI 1897, pp. 364-367.
  • SFORZA 1912-1921, vol. II, p. 395.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 282, vol. I, pp. 480-483, note alla p. 932.
  • CARTEGGI LETTERARI 2016, lettera n. 122, pp. 341-344, note alle pp. 344-345.
Opere citate

I promessi sposi; Lettre à M.r C*** sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie

+ Testo della lettera

Pregiatissimo Signore

Si ricorda Ella di quel personaggio della commedia, il quale, strapazzato e battuto dalla sua sposa, per sospetto geloso, si rallegra tutto di quegli sdegni, benedice quelle percosse, che gli sono testimonianze d'amore? Ora pensi che tale, a un di presso, è il mio sentimento, nel veder lei così in collera contro di me, per difendere il mio Shakespeare: giacché, quantunque io non sappia un iota d'inglese, e quindi non conosca il gran poeta che per via di traduzioni, pure ne son sì caldo ammiratore, che quasi quasi ci patisco se altri pretende esserlo più di me. E un tempo ch'io me la pigliava più calda che non adesso per la poesia e pei poeti, non le so dire quanta rabbia mi facessero quelle così rabbiose e così inconsiderate sentenze di Voltaire e de' suoi discepoli sulle cose di Shakespeare. E forse più ancor delle ingiurie mi spiaceva quel modo strano di lodarlo dicendo che, in mezzo a una serie di stravaganze egli esce di tempo in tempo in mirabili scappate di genio: come se la voce del genio che in quei luoghi leva, per dir così, un grido, non fosse quella stessa che parla altrove; come se la stessa potenza, che ivi fa di sé una mostra straordinaria, non si mostrasse, con meno scoppio, ma con maravigliosa continuità, nella pittura di tante e tanto varie passioni, nel linguaggio di tanti caratteri e di tante situazioni, così umano e così poetico, così inaspettato e così naturale, linguaggio cui non trova se non la natura, nei casi reali, e la poesia nelle sue più alte e profonde inspirazioni; come se la stessa potenza non apparisse nella scelta, nella condotta, nella progressione degli avvenimenti e degli affetti, nell'ordine così negletto in apparenza e così seguito in effetto, che uno non sa se debba attribuirlo a un mirabile istinto, o ad un mirabile artificio: o piuttosto v'è straordinariamente dell'uno e dell'altro, etc. etc. E appunto contro quel sentimento di Voltaire (sul quale del resto è stato detto da altri prima di me meglio ch'io non saprei mai dire) io me la son voluta prendere con quella mia frase ironica; la quale, intesa da lei in senso proprio, non maraviglia che l'abbia così scandalezzata. Ma, poiché Ella l'ha intesa così, mi domanderà certamente come io abbia creduto che Ella l'avesse a intendere altrimenti. Le dirò che mi son fidato, prima di tutto, nelle parole stesse; le quali, se Ella vi pon mente, son tanto strane, a pigliarle sul serio, che m'è sembrato che avvisassero per sé di doverle pigliare pel verso opposto. Quelli che han voluto metter più basso Shakespeare, lo hanno detto un genio rozzo, indisciplinato, ma tutt'altro che volgare: la mia proposizione, intesa secondo la lettera, verrebbe a dirlo un ingegno barbaro e mediocre. E un giudizio così lontano da tutti i giudizi riuscirebbe ancor più strano e inintelligibile nella circostanza in cui è messo fuori, a proposito cioè d'un luogo famoso, d'un passo che, anche da quelli che non apprezzano lo scrittore, è conosciuto e citato come uno dei più nobili di tutta la poesia. Oltracciò io mi son fidato nella supposizione che i miei lettori (dei quali, com'Ella dee aver veduto, io pronosticava al mio libro un numero ben minore di quello che gli ha dato la sorte) conoscessero la mia ammirazione per Shakespeare, e da questa conoscenza fossero guidati a interpretare (se ve n'era bisogno) le mie parole. Ma come l'avevano a conoscere? mi domanderà Ella di nuovo. Per un mezzo che mi viene a punto per fare una mia vendetta, una vendetta proprio di quelle atroci, alla moda di noi altri italiani, per castigarla, s'Ella mi permette, dell'aver pensato così male di me. E il suo castigo sarà di leggere una mia lettera in francese, intorno alle unità drammatiche, lunga di molte buone pagine, e pubblicata già da qualche anno. Ma io veggo ch'Ella domanda misericordia, e non voglio esser crudele: ridurrò dunque la pena allo stretto necessario; o, per uscir di scherzo, la pregherò di guardare nell'edizione fatta costì da codesto Sig. Capurro di varie mie corbellerie, i luoghi di quella lettera, dove è parlato di Shakespeare. E sono alla pag. 409, un piccolo confronto tra il concetto generale dell'Othello, e quello della Zaira di Voltaire. Poi alla pag. 414; dove, confessando che non mi gusta la mescolanza del serio e del giocoso nei drammi di Shakespeare, Ella vedrà s'io rinnego l'uomo, e se dibatto punto della mia ammirazione per esso. Alla 421; dove, per la parte mia Shakespeare non è quasi altro che nominato, ma vedrà come, e in che compagnia: quivi poi son riferite osservazioni d'un mio amico, le quali Ella leggerà sicuramente con piacere. Finalmente, s'io ho ben frugato per tutto, alla pag. 429; dove comincia un transunto del Riccardo II; un transunto magro, e atto forse a dimostrare che chi l'ha steso abbia poco veduto in Shakespeare; ma non certamente che vi abbia poco guardato. Ciò non di meno, l'effetto che la mia frase ha prodotto in lei così contrario al mio intento, mi dà giusto sospetto di non essermi spiegato così chiaro come avrei dovuto, e mi fa temere che un effetto simile non sia prodotto nel più degli altri lettori ch'io avrò da lei: sicché, non solo io consento (come Ella gentilmente mi propone); ma la prego ch'Ella voglia prevenire ogni simile interpretazione, in quel modo che le parrà migliore.
Le rendo nuove grazie dell'onore che Ella mi fa coll'occuparsi della mia favola-storia; e sento lietamente la speranza che Ella mi dà di potere presto aver quello di conoscerla personalmente e di esprimerle a viva voce la mia riconoscenza, e i sentimenti dell'alta stima, coi quali mi pregio di rassegnarmele

Dev.mo Obb.mo Servitore
Alessandro Manzoni