Lettera n. 627

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Sacchi, Luigi
Data
[dicembre 1841]
Luogo di partenza
[Milano]
Luogo di arrivo
Milano
Lingua
italiano
Incipit
Allo scrivente Alessandro Manzoni è stata comunicata
Regesto

Alessandro Manzoni espone a Luigi Sacchi, imprenditore nel campo delle incisioni, alcuni appunti per la mancata osservanza agli impegni presi per la stampa dei Promessi sposi.

Testimoni
  • (minuta) Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Manz.B.I.101/2, cc. 4rv
Edizioni
  • PARENTI 1945, p. 270.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 627, vol. II, pp. 204-207, note alle pp. 783-784.
Opere citate

I promessi sposi

+ Testo della lettera

Allo scrivente Alessandro Manzoni è stata comunicata una nota, nella quale è citata una parte d'una sua lettera, con osservazioni del Sig.r Luigi Sacchi, che qui si trascrivono:
«Si noti che la presente lettera fu scritta in occasione che il Sig.r M[anzoni] domandava per favore al Sig.r S[acchi] di decampare alcun poco dal contratto reciproco per il pagamento delle vignette, pregandolo di aspettare 15 giorni di più per il pagamento. E il Sig.r Sacchi ebbe la compiacenza di lasciargli sempre un tempo molto maggiore».
Lo scrivente aveva chiesto, e certamente per favore, al Sig.r S[acchi] la dilazione del pagamento d'una parte di vignette, fino a che la Ditta Guglielmini e Redaelli avesse pagata a lui la prima rata del suo credito, da liquidarsi alla fine di quel mese. Non è costume dello scrivente il diminuire il pregio d'un favore richiesto da lui. Ma poichè questo gli vien rammentato in tali termini è costretto ad osservare che un breve ritardo d'una parte del pagamento d'un lavoro in corso, dopo undici pagamenti già fatti, senza il minimo ritardo, alla presentazione delle vignette, non è un favore straordinario e inusitato in simili casi. E lo era tanto meno, in quanto il Sig.r S[acchi] essendo socio della Ditta suddetta, come dalla scrittura del 5 8.bre 1840, notificata all'I. e R. Camera di Commercio, doveva tra poco risultare debitore, per la sua parte, verso lo scrivente. E del resto quel primo favore ch'egli non nega d'aver chiesto, non può però dire d'averlo ottenuto; giacchè egli ha pagato al 9 d'agosto le vignette delle quali il Sig.r S[acchij ha richiesto il saldo, senza avere ancora nulla ricevuto del suo credito. Anzi gli si nega dal S.r Sacchi il diritto perfino d'esigerne la garanzia, e gli si nega nei termini seguenti.
Segue la nota: «Come mai si possa ora pretendere dalla tipografia vaglia e cambiali firmate; quando non solo dal contratto, ma anche da una sua lettera posteriore si riconosce solo depositario delle cambiali rilasciate dai librai».
Lo scrivente ha, non riconosciuto (perchè non si trattava d'una obbligazione), ma allegato (perchè si trattava d'un suo diritto) che le cambiali avrebbero dovuto essere depositate in sua mano. E se, pregato dai Sig.ri G[uglielmini] e R[edaelli] i quali desideravano di poter servirsi delle cambiali suddette, egli non ha per allora richiesta l'esecuzione d'un tal patto, sarebbe cosa troppo strana ch'egli si trovasse perciò privato d'un diritto così sacrosanto come è la riscossione d'un credito liquidato. Il paragrafo 24 del contratto con la Ditta G[uglielmini] e R[edaelli], dove è stipulato il deposito suddetto, termina con la clausola seguente: « Con questo non s'intende derogato per nulla alla responsabilità assoluta assunta dai tipografi suddetti, come al § 19.» Il quale dice così: «La Ditta dovrà rendere conto all'autore di tutti i fascicoli che avrà ricevuti, pagandoli, dedotti gli sconti accordati, e restituendogli in natura, e saranno a di lei carico tutte le perdite, sia dei fascicoli, sia del prezzo di quelli da lei venduti o affidati a particolari o librai». E su queste basi sono stati liquidati i conti del primo semestre 1840 dal Sig.r Ferrario, in concorrenza coi Sigg.ri G[uglielmini] e R[edaelli]. In questo stato di cose il richieder cambiali per la somma del debito risultato, non è pretender, è rimettere del proprio diritto, dando una dilazione mentre si potrebbe esigere l'immediato pagamento.
Segue la nota: «Come mai si possa ora pretendere che la Tipografia ebbe torto a non depositargli le cambiali, quando con sua lettera, disse e confessò che non richiese l'esecuzione del patto di deposito».
Lo scrivente disse, non confessò (perchè non si trattava d'un debito, nè d'una colpa) di non aver richiesta l'esecuzione del patto di deposito. E certo il dar torto altrui d'una cosa a cui s'è consentito, sarebbe un'usanza stranissima; ma non è quella dello scrivente. Perciò egli non s'è mai sognato di dire che la Tipografia avesse torto in quello; ha detto bensì che aveva torto, e inauditamente torto a negargli, senza avere altra ragione da addurre che il divieto del Sig.r S[acchi], le cambiali già promesse varie volte a giorno fissato, e delle quali lo scrivente si contentava, invece del pagamento immediato.
Segue la nota: «Come mai si possa avere il coraggio di tacciare la Tipografia e il Sig.r S[acchi] d'essergli debitori, quando in fatto fino dal primo decembre il Sig.r M[anzoni] risulta debitore di m.si L. 3227».
Il coraggio (giacchè al Sig.r S[acchi] è parso di poter servirsi d'una tale espressione) il coraggio di dire la tipografia sua debitrice, lo scrivente l'ha preso dai conti presentati dalla Tipografia medesima e liquidati, come s'è detto sopra. Il coraggio di chiamar condebitore, il Sig.r Sacchi l'ha preso dal suo essere socio della Tipografia medesima. Che poi chi è debitore in un conto, abbia bisogno di coraggio per dirsi creditore in un altro, quando lo è, non si sa intendere.
Segue la nota: «Come mai si possa dalla parte Manzoni fare simili pubblicità, quando il Sig.r. S[acchi], con sua lettera del 1.o Xbre gli scrisse che era disposto a non chiedergli nulla sino alla metà di Gennaio ed a quell'epoca forse solo una piccola parte del suo debito».
Richiedere ciò che è sacrosantamente dovuto, e valersi quando si trovi una resistenza nè aspettata nè aspettabile, [de]i mezzi che le leggi danno diritto, non s'è mai chiamato pubblicità. E del preavviso datogli dal S.r Sacchi lo scrivente si chiamerebbe riconoscentissimo, se oltre il conto pel quale è debitore, non ne avesse uno pel quale è creditore, con la Ditta G[uglielmini] e R[edaelli] di cui il Sig.r Sacchi è socio. Lo scrivente non si sente nessuna voglia di cominciare in questa occasione a ricusare il pagamento di ciò che deve; ma non intende nemmeno rinunziare a ciò che gli è dovuto. Protesta quindi che ritiene e riterrà debitore il S.r Sacchi per tutta la parte del suo credito con la Ditta suddetta, che si riferisce al corrente anno 1841. Nè lo riterrà esonerato fino a che la parte suddetta non gli sia pagata in effettivo contante.
La nota finisce con questi termini: «Giudichi chi ha senso della lealtà di procedere chi abbia avuti maggiori riguardi, chi infine abbia sempre agito con rispetto, con compiacenza, e chi abbia fatto immensi sagrifizi».
L'aspettare anche per poco tempo una parte di pagamento in un conto corrente, è sempre un sagrifizio e lo scrivente riconosce di nuovo d'averlo chiesto al Sig.r Sacchi. Ritiene però sagrifizio non immenso ma superiore, quello che ha fatto di contentarsi in dicembre di cambiali per un credito maturato alla fine di giugno.
I termini nei quali è stesa la nota obbligano lo scrivente a dichiarare, che, non essendoci avvezzo, nè avendo dato occasione al Sig.r Sacchi d'usarli con lui, non entrerà più in nessuna discussione privata col Sig.r Sacchi suddetto, e si rimetterà alle sole vie legali, quando quella che è insorta non si sciolga secondo la ragione.