Lettera n. 791

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Calandri, Francesco
Data
12 febbraio 1847
Luogo di partenza
Milano
Luogo di arrivo
Lugano
Lingua
italiano
Incipit
Ho ricevuta ieri la pregiatissima e cordialissima lettera
Indirizzo
Al Reverendo Padre | Don Francesco Calandri. C. R. Somasco | Preposto del Collegio di S. Antonio | Lugano
Regesto

Alessandro Manzoni soddisfa il desiderio di padre Francesco Calandri, ritirando le ingiurie da lui rivolte ai padri Somaschi, nei versi In morte di Carlo Imbonati (vv. 147-157) e autorizza il reverendo a rendere pubblica la missiva.

Note

Com'è noto, Manzoni dal 1791 al 1798 frequentò i collegi Somaschi di San Bartolomeo a Merate e di Sant'Antonio a Lugano, e dal 1798 al 1801 passò al collegio Longone di Milano retto dai Barnabiti. Arieti riporta che in occasione di una visita al collegio di Merate, intorno al 1868, «al rettore che gli domandava se quei versi del carme si riferissero a quel collegio, il Manzoni rispose: "No, toccano i ricordi di qualche anno più tardi"», vd. ARIETI-ISELLA 1986, vol. II, p. 875.

Testimoni
  • (minuta) Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Manz.B.I.17, cc. 1rv
Edizioni
  • CALANDRI 1873, p. 270.
  • SFORZA 1875, p. 176.
  • SFORZA 1882-1883, vol. II, p. 155.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 791, vol. II, pp. 379-381, note alla p. 875.
Opere citate

In morte di Carlo Imbonati

+ Testo della lettera

Mio Reverendo Padre.

Ho ricevuta ieri la pregiatissima e cordialissima lettera ch'Ella mi ha fatto l'onore di scrivermi il 26 del mese scorso. Vostra Paternità non poteva ingannarsi nel credere che non vedrei senza dolore il fatto di cui mi annunzia la probabilità, cioè che alcuni versi della mia prima gioventù possano venir citati in uno scritto diretto contro il Collegio, a cui Ella presiede. Aggiunge poi, che, non potendo, come parte interessata, farsi interprete di questo mio sentimento, ha pensato di rivolgersi a me, perchè, se è tale, io voglia confermarlo. Il dispiacere, anzi il pentimento d'avere, con così avventate e arroganti parole, oltraggiati in monte i Religiosi miei istitutori (e sarebbe vivissimo anche se si fosse trattato d'uno solo) è, grazie al cielo, oramai antico in me; e fino dai primi tempi in cui il Signore, per sua ineffabile misericordia, m'ha ridonata quella fede che aveva miserabilmente ripudiata, m'era nato anco il dubbio se non fossi in dovere di manifestarlo pubblicamente. Ma, da una parte, l'essere quelle parole indeterminate e in sostanza insignificanti, giacchè l'ingiurie non significano altro che la passione, e, dall'altra, l'essere que' versi allora quasi dimenticati e, come pareva, per la strada di cadere affatto in dimenticanza, mi fece pensare che non ce ne fosse bisogrio. Dacchè poi è piaciuto a diversi stampatori di disotterrarli, il dubbio m'è tornato più volte; e la sua lettera lo trovò sopito, ma non estinto. Il pericolo di cui essa mi avverte l'ha cambiato in risoluzione.
Vostra Paternità mi dice che la mia risposta, quando sia conforme alla sua aspettativa, e quando questo sia il mio desiderio, non vedrà la luce, se non in caso di necessità. Mi permetta di non accettare questa condizione. Il male, come devo finalmente convincermene, non è tanto nell'uso che si possa fare di quelle mie infelici parole, quanto nelle parole medesime; e non si tratta di disdirle in un'occasione particolare, ma di rifiutarle assolutamente. La prego dunque di voler dare immediatamente pubblicità a questa lettera, che scrivo a questo solo intento, e confidando che vorrà aiutarmi ad adempire un dovere di cui mi ha fatto accorgere. Per quanto sia forte la ripugnanza che provo a parlare al pubblico di me, non posso riguardarla come un ostacolo, e l'altra ripugnanza, che pur vorrebbe farsi sentire, del parlar di me per condannarmi, diventa, grazie al cielo, un nuovo stimolo, poichè è troppo più che compensata dalla consolazione di non portare almeno intero al gran giudizio, a cui m'avvicino, il carico d'ingiurie dette a più che fratelli.
Voglia farmi la grazia che Le chiedo istantemente, e gradire l'attestato del profondo e affettuoso rispetto, col quale ho l'onore di dirmeLe

Devotissimo servitore
Alessandro Manzoni