Lettera n. 796

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Carena, Giacinto
Data
29 marzo 1847
Luogo di partenza
Milano
Luogo di arrivo
Torino
Lingua
italiano
Incipit
Tocca a me render grazie rispettose
Indirizzo
Al Chiarissimo Signore | Il Sig.r Cavaliere Professore Giacinto Carena | Membro della R. Accademia delle Scienze | etc. etc. | Torino
Regesto

Alessandro Manzoni rifiuta per il momento a Giacinto Carena l'autorizzazione a pubblicare su qualche giornale la lettera del 26 febbraio 1847 con le sue osservazioni linguistiche (vd. lettera n. 793), poiché sostiene di averle esposte in maniera disordinata. A motivazione del rifiuto aggiunge il lavoro all'edizione delle Opere varie, ritardato soprattutto dalla revisione del Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, lavoro che renderebbe problematica una anticipazione di un suo scritto inedito in altra sede. Lo scrittore propone quindi un compromesso: una volta rivista e inserita la lettera in una dispensa delle Opere varie acconsentirebbe a una parallela uscita in rivista, se il Carena lo desiderasse ancora. Al Carena, Manzoni riferisce anche il proposito di trattare in modo più sistematico le proprie teorie sulla lingua in un lavoro di più ampio respiro (Della lingua italiana), che tuttavia non riesce a portare avanti come vorrebbe.

Testimoni
  • (originale) Torino, Biblioteca dell'Accademia delle Scienze, n. 25153
    (Timbri postali: «MILANO | 29 MAR.»; «30. MAR» «P.D.»)
Edizioni
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 796, vol. II, pp. 406-407, note alle pp. 879-880.
  • CARTEGGI LETTERARI 2017, lettera n. 410, pp. 1038-1040.
Opere citate

Sulla lingua italiana. Lettera al signor cavaliere consigliere Giacinto Carena; Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia; Della lingua italiana

+ Testo della lettera

Chiaris.mo e Pregiat.mo Signore,

Tocca a me a render grazie rispettose e cordiali a Lei, e della pazienza che ha avuta di leggere fino alla fine quella mia sterminata lettera, e del buon viso che le ha fatto. Che Le dirò poi del pensiero di pubblicarla? Sento vivamente l'onore della proposta, ma non posso non temere i pericoli dell'esecuzione. Si tratta di buttare una bomba in una gran fortezza, senza avere aperto la trincea, e senza l'altre macchine necessarie a un assedio in regola. Per attaccare con qualche fiducia, o almeno con minor rischio, un'opinione così forte, e per l'autorità d'alcuni, e per il consenso di tanti, un'opinione così trionfante e sicura di sé, mi pare indispensabile un lavoro lungo e sistematico: esposizione ordinata de' princìpi generali in materia di lingua, applicazione estesa di questi al fatto particolare, confutazione ugualmente estesa dell'obiezioni, e finalmente analisi accurata e insistente delle teorie, e delle massime contrarie. E per dirLe la verità, io mi sono proposto già da un pezzo di tentare un tal lavoro, e ne ho già stesa una parte; ma altre occupazioni, e la difficoltà del mettere in carta, che va in me crescendo con gli anni, non m'hanno permesso di portarlo avanti come vorrei. L'idee che, animato dalla sua bontà, ho avuto il coraggio di sottomettere a Lei, non sono altro che cenni staccati e senz'ordine, o al più disposti in un ordine accidentale. Con tutto ciò, il suo autorevole non meno che gentile desiderio, e quello d'alcuni dotti suoi amici basterebbe a vincere i miei timori; ma un motivo di tutt'altro genere mi costringe a pregarLa di non ne far nulla, almeno per ora. Sono circa due anni ch'io mi sono lasciato imbarcare da un editore in una ristampa per dispense, di varie mie carabattole già pubblicate in diversi tempi; e immaginandomi di non avere a far altro che rivedere le prove, ho acconsentito che se ne promettesse una dispensa ogni due mesi. Quando poi si fu all'atto pratico, il rivedere mi si cambiò in rifare, principalmente per un certo Discorso | sui Longobardi, dimanieraché anche i due mesi si cambiarono in sei e in otto; e associati e librai urlano a torto contro l'editore, e a ragione contro di me. In queste circostanze, Lei vede che ogni mia miscea inedita che venisse alla luce, produrrebbe un vero scandolo. Mi permetta dunque di farLe dal canto mio un'altra proposizione. Se Ella persiste in codesto per me troppo onorevole desiderio fino a che la lettera possa essere inserita in una delle dette dispense, senza ficcarsi in mezzo a cose troppo estranee, si potrebbe pubblicarla contemporaneamente, e nel giornale da Lei prescelto, e nella mia edizione. Se l'esperienza della mia lentezza non mi rendesse giustamente pauroso del fissar tempi di pubblicazione, direi che il ritardo potrà essere di cinque o sei mesi. Intanto La prego di mettere una pietra su quella lettera troppo indulgentemente accolta.
Sono quasi tentato di compiacermi del mio ardire che, unito alla sua bontà, ha avuto parte nel procurarmi la sua preziosa benevolenza. Si degni di conservarmela, e di gradire l'omaggio del profondo e affettuoso rispetto, col quale ho l'onore di dirmeLe

Dev.mo Obb.mo servitore e collega
Alessandro Manzoni