[La Vaccina]

Insieme editoriale: Poesie / Poesie prima della conversione

Del frammento restano otto ottave più due versi della nona, che sono probabilmente da identificarsi con il «commencement du premier Chant» annunciato da Manzoni all’amico Fauriel in una lettera del 6 marzo 1812 (cfr. ARIETI-ISELLA 1986, n. 88, vol. I, pp. 126-128), e lasciato poi in sospeso dal febbraio 1814, quando ormai il progetto attorno alla «vaccine» (cfr. ARIETI-ISELLA 1986, n. 65, vol. I, pp. 96-97), pur avendo assunto proporzioni forse più estese (anche se solo mentali), finiva con l’essere abbandonato a favore di nuovi impegni, tra cui quelli legati alla composizione dei primi tre Inni sacri, con i quali in effetti la Vaccina condivide numerosi tasselli poetici, e i riferimenti intertestuali alla tradizione dantesca (cfr. GAVAZZENI 1992, pp. 258-259 e LONARDI-AZZOLINI 1992, pp. 336-338). L’esperimento, di gusto eminentemente idillico (ma ormai non più neoclassico, e anzi volto a una materia socialmente impegnata), si inscrive nell’ideale sfondo rappresentato dalla lettura e dai commenti attorno al poemetto di Jens Baggesen (Parthenaïs, 1809), e soprattutto dalle Réflexions préliminaires sur le poëme suivant et sur la poésie idyllique, en général stampate da Fauriel in apertura alla sua traduzione francese dell'opera (Paris, chez Treuttel et Würtz, 1810, pp. I-CVIII), quando si incominciano progressivamente a definire idee di grande rilievo per il futuro letterario di Manzoni: «Dal rifiuto di giudicare la poesia fondandosi su categorie meramente retoriche, dalla deduzione che essa debba di necessità venire “tirée du fond du coeur”, e che ogni problema di stile (e conseguentemente di lingua) sia alla radice un problema di pensiero, che la ‘bellezza’ abbia a cedere il passo alla proprietà linguistica del sentire individuale, essendo implicitamente già chiaro che il fine d’ogni scienza morale non può che identificarsi con la ricerca della verità, da tutto quanto insomma è trasferibile dalle Réflexions alle affermazioni manzoniane sparsamente affidate alla corrispondenza col Fauriel», cfr. GAVAZZENI 1992, p. 254.

Questi i contenuti delle ottave proemiali superstiti: le rivelazioni del Genio (cioè dell’ispirazione lirica) sono nuove per il poeta, che si rivolge a oggetti prima ignorati (1-6); dal Genio le riceva ogni anima capace, per nobile sentire, di intenderle (7-8). Tempo addietro un «Tal savio» (11) profetizzò cose che sarebbe superbia ricordare e che il poeta conserva nel cuore (13-16). Il Genio talvolta prende il comando dei suoi pensieri, tanto che dalla profonda interiorità proviene una voce che, adirata, lo ammonisce affinché la sua prima ispirazione torni a Dio, fonte di ogni dono della mente umana (17-24). Il Genio appare in campagna e in città, e il poeta lo accoglie (25-32). Nel momento della veglia, quando il pensiero è più libero, il Genio appare e ha con sé schiere di figure evanescenti che parlano e ballano (33-46). Le governa e il poeta resta fermo ad ammirarle, ma quando prova a narrare la visione, la memoria cede e le parole non reggono il confronto (47-56). Il poeta rivolge dunque al Genio la sua preghiera affinché egli lo aiuti ed espliciti l’alto argomento del suo canto (57-66).

Sull'ispirazione religiosa dei versi (cfr. vv. 17ss.), da non intendersi come contraddittoria rispetto al tema e al genere del frammento, si veda la lettera di Manzoni a Degola del 27 febbraio 1812, che dovrebbe riferirsi all'opera («L'operetta ch'io ho pensata a Parigi e che ora sto lavorando, non è sostanzialmente religiosa, bensì la religione v'è introdotta coi suoi precetti, e coi suoi riti», cfr. ARIETI-ISELLA 1986, n. 87, vol. I, pp. 125-126); mentre per l'identificazione del «Tal savio» che aveva profetizzato al giovane autore i suoi successi in campo poetico, tra le molte possibilità (Foscolo, Lomonaco, Cuoco, ecc.), senz'altro condivisibile la proposta di Sanesi che indica Monti, al quale Manzoni si rivolgeva giusto il 2 agosto 1809, annunciandogli l'Urania, con parole che paiono anticipare i versi poetici: «Non so se sia ridicolo il parlartene prima, ma stimerei peggio il tacerne, scrivendo a te, che dalla mia prima giovinezza tanto coraggio mi desti a seguir questa strada, dicendomi cose di me che io non avrei ardito pensare» (cfr. ARIETI-ISELLA 1986, n. 61, p. 93 e SANESI 1954, p. CII).

Titoli alternativi
  • [La vaccinazione] (SANESI 1954, p. 112)
  • [L'innesto del vaiuolo] (SANESI 1954, p. 112)
  • [Le visioni poetiche] (SANESI 1954, p. 112; CHIARI-GHISALBERTI 1957, p. 214)
  • [La vaccina] (LONARDI-AZZOLINI 1992, p. 152; DANZI 2012A, p. 452)
  • [Frammento d'un poemetto idillico sul vaccino | Le visioni poetiche - Introduzione] (BARBI-GHISALBERTI 1942-1950, vol. 3)
Metro
ottave di endecasillabi a rime alternate, con i due endecasillabi finali a rima baciata: ABABABCC
Storia del testo

La genesi del frammento, che nell’unico autografo pervenuto (Milano, CNSM, carte Grossi) è anepigrafo, e che Tommaso Grossi menzionò per la prima volta in una lettera a Giusti nel 1847 con il titolo L’innesto del Vaiolo (sottotitolo dell’ode pariniana al Bicetti, cfr. SANESI 1954, p. CXXIV), è legata a quella di A Parteneide. Anzi, secondo Ghisalberti l’idea stessa del progetto intorno al nuovo idillio doveva essere venuta all’autore «pel gran discorrere che aveva fatto col Fauriel circa la novità dell’ispirazione del Baggesen» tra 1807 e 1809 (cfr. CHIARI-GHISALBERTI 1957, p. 889), tanto che la rappresentazione della «vergine orobia» di A Parteneide prefigurerebbe proprio l’impegno poetico della Vaccina.

Il primo riferimento esplicito al testo, chiamato dall’autore vaccine, si trova comunque in una lettera spedita a Fauriel il 5 ottobre 1809: «Je suis plus heureux que je ne le mérite, pour ma vaccine. Je reçois de Milan un extrait d'un ouvrage que l'on va imprimer, et dans le quel il est dit, que non seulement on a trouvé la petite verole dans les vaches en quelques endroits de la Lombardie, mais que dans la Valle di Scalve qui est dans les montagnes de la Bergamasque il y avait une tradition que l'on conduisait les vaches infectes dans les maisons de ceux qu’on voulait preserver de la petite verolle naturelle. Ainsi, voyez, j’ai: vaccine, Lombardie, montagnes, et tradition» (ARIETI-ISELLA 1986, n. 65, vol. I, pp. 96-97). L’opera del cui estratto Manzoni era entrato in possesso è il Trattato di vaccinazione con osservazioni sul giavardo e vajuolo pecorino del dottor Luigi Sacco Medico Chirurgo già Direttore Generale della vaccinazione Medico Primario dell’Ospedale Maggiore di Milano consul. nel magistrato centr. di Sanità e socio di diverse accademie (Milano, Mussi, 1809). Qui, a p. 13, Sacco ricordava: «e fummi la fortuna propizia al segno di mettermi sott’occhio nel settembre del 1800 le non equivoche pustole del vajuolo vaccino in quelle mandrie che dalle montagne della Svizzera scendono ogn’anno nelle fertili pianure lombarde», e ancora a p. 34, «in quello [dipartimento] del Serio nella Valle di Scalve l’ebbe sott’occhio il Dottor Moscheni, anzi avvi colà una tradizione, che si introducessero le vacche infette nelle case di quelli che doveansi innestare, e che mediante l’innesto del vaccino si preservassero dal vajuolo».

Da una lettera più tarda a Fauriel (6 marzo 1812, cfr. ARIETI-ISELLA 1986, n. 88, vol. I, pp. 126-128) si ricava poi qualche informazione sui tempi di esecuzione: dopo il ritorno da Parigi, tra il novembre 1809 e il febbraio 1812, Manzoni aveva avviato il primo, esiguo, tentativo di stesura: «Je vous dirai aussi un petit mot de ce travail dont je vous ai parlé a Paris. Je n'y ai pas trop pensé, ainsi je n'ai fait jusqu'à présent que le plan, et le commencement du prémier Chant. Il est en octaves, auxquelles je me suis décidé par la crainte qu'une suite trop prolongée de vers blancs ne devint assommante, et je m'en trouve tres content». Un mese e mezzo dopo era ancora fermo a quel punto (cfr. la celebre lettera del 20 aprile 1812, ARIETI-ISELLA 1986, n. 90, vol. I, pp. 129-133: «Un mot de mon ouvrage; que l'intêret que vous y prenez m'est cher! Je suis plus que jamais de votre avis sur la poésie; il faut qu'elle soit tirée du fond du coeur; il faut sentir, et savoir exprimer ses sentimens avec sincerité»), ma il protrarsi del lavoro lo aveva portato a incrociare il progetto della Vaccina con quello, di ben maggiore portata, degli Inni sacri, avviati con la Resurrezione nell’aprile 1812. Da quel momento in avanti Manzoni accantonò quindi le ottave, come egli stesso confidava all’amico il 9 febbraio 1814 nell’annunciargli di aver composto altri due inni, e tuttavia poteva ormai affermare di avere stabilito per il testo «tout mon plan» e di aver già pronti alcuni «morceaux d’écrits» (cfr. ARIETI-ISELLA 1986, n. 97, vol. I, pp. 139-141). Il progetto di poemetto, di genere decisamente idillico e senza dubbio legato alle Réflexions di Fauriel sui versi baggesiani, non era stato dunque del tutto abbandonato a favore della poesia religiosa, ma solo provvisoriamente sospeso (cfr. su questo punto di cruciale importanza per lo sviluppo della poetica manzoniana, GAVAZZENI 1992, pp. 253-254).

Quanto al titolo del componimento, le oscillazioni di cui si è detto dipendono anche da testimonianze vicine all’autore: Luigi Rossari e Teresa Borri Stampa, autori di alcune copie tarde dei versi (cfr. SANESI 1954, p. CXXIII), registravano rispettivamente «Frammento. Introduzione d’un poemetto idillico sul vaccino» e «Frammento d’un Poemetto – Le Visioni Poetiche»; il che aveva condotto BARBI 1939A, p. 65 a concludere: «poiché altra cosa è un soggetto in sé, e altra quale può presentarsi alla fantasia d’un poeta, non c’è niente di strano che un soggetto come la Vaccinazione finisse per essere intitolato dall’autore Visioni poetiche». La versione più accreditata, e riconducibile all’autore, resta però, come si è visto, quella ricavata dalla documentazione epistolare coeva.

Infine, sul versante documentario, accanto alla prima minuta autografa dell’opera, conservata presso il CNSM (Autogr. 17), dove venne rinvenuta nel 1939 tra le carte Grossi (ancora cfr. BARBI 1939A, p. 64, n. 5; GHISALBERTI 1941, p. 243 e soprattutto SANESI 1954, p. CXXI-CXXII), si registra un secondo manoscritto – erroneamente ritenuto autografo, ma probabilmente assegnabile a Rossari – custodito nel fondo Grossi dell’Archivio storico civico di Milano (fasc. 40, n. 15), cfr. sempre SANESI 1954, p. LXIII. Un’ulteriore copia autografa, parziale, segnata BNB, Manz.B.XXX.13, reca inoltre le trascrizioni tarde delle strofe 5 e 7, con varianti rispetto alla redazione precedente, che ne rendono la testimonianza più vicina all’ultima volontà d’autore. Mentre sulle copie riconducibili a Teresa Stampa (due) e al Rossari, cfr. ancora SANESI 1954, pp. LXII-LXIII.

Date di elaborazione

1809-1812


Testimoni manoscritti (vedi tutti)
  • Carte Grossi, Autogr. 17 • Milano, Biblioteca del Centro nazionale di studi manzoniani
    (prima minuta autografa)
  • Manz.B.XXX.13 • Milano, Biblioteca Nazionale Braidense
    (copia autografa delle ottave 5, 7)
  • Fasc. 40, n. 15 • Milano, Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana
    (copia apografa)
  • Fondo Stampa • Milano, Biblioteca del Centro nazionale di studi manzoniani
    (copia idiografa di Teresa Stampa, siglata alpha)
  • Fondo Stampa • Milano, Biblioteca del Centro nazionale di studi manzoniani
    (copia idiografa di Teresa Stampa, siglata delta)
  • Carte Grossi • Milano, Biblioteca del Centro nazionale di studi manzoniani
    (copia apografa di Luigi Rossari)

Prima edizione
  • BULFERETTI 1927F = Bulferetti Domenico, Due poesie inedite di Alessandro Manzoni, in «La fiera letteraria», 29 novembre, 1927
    (edizione del testo ricavata dalla copia Grossi)

Edizioni di riferimento
  • DANZI 2012A = Manzoni Alessandro, Tutte le poesie, a cura di Luca Danzi, Milano, BUR Rizzoli, 2012
    (pp. 452-454)
  • BOGGIONE 2002 = Manzoni Alessandro, Poesie e tragedie, a cura di Valter Boggione, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, [2002] (Classici italiani)
    (pp. 457-463)
  • GAVAZZENI 1992 = Manzoni Alessandro, Poesie prima della conversione, A cura di Franco Gavazzeni, Torino, Einaudi, 1992 (Nuova universale Einaudi, 209)
    (pp. 249-259)
  • LONARDI-AZZOLINI 1992B = Manzoni Alessandro, Tutte le poesie, 1797-1872, a cura di Gilberto Lonardi, commento e note di Paola Azzolini, Venezia, Marsilio, 1992 (Letteratura universale. Esperia)
    (testo pp. 152-154; nota al testo e commento pp. 336-338)
  • CHIARI-GHISALBERTI 1957 = Manzoni Alessandro, Poesie e tragedie, Milano, Mondadori, 1957 (Tutte le opere di Alessandro Manzoni, a cura di Alberto Chiari e Fausto Ghisalberti, “I classici italiani", vol. I)
    (testo pp. 214-216; nota al testo pp. 889-894)
  • SANESI 1954 = Manzoni Alessandro, Poesie rifiutate e abbozzi delle riconosciute, a cura di Ireneo Sanesi, Firenze, Sansoni, 1954
    (testo pp. 112-115; discussione pp. CVI-CXI, CXIV-CXIX, CXXI-CXXIV )
  • BARBI-GHISALBERTI 1950 = Manzoni Alessandro, Scritti non compiuti. Poesie giovanili e sparse, lettere, pensieri, giudizi, con aggiunta di testimonianze sul Manzoni e indice analitico, in Manzoni Alessandro, Opere di Alessandro Manzoni, Centro Nazionale di Studi Manzoniani, a cura di Michele Barbi e Fausto Ghisalberti, Milano, Casa del Manzoni - Firenze, Sansoni, 1942-1950 (3 voll.)
    (pp. 78-80)

Risorse correlate
Edizione del testo in preparazione

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