MANZ. 17. 0005/01-02 Milano, Biblioteca Nazionale Braidense

Racine, Jean <1639-1699>
Oeuvres de Jean Racine
A Paris : chez Gide, libr., 1797
8 v. ; 21 cm
Lingua: francese
Contenuto: Volume I. La Thébaïde ou Les frères ennemis; Alexandre le grand Volume II. Andromaque; Les plaideurs
Osservazioni sull'esemplare

Due volumi legati in uno. Legatura in mezza pelle e cartone marmorizzato. Incisione in oro sul dorso. Sul contropiatto anteriore cartiglio della BNB con nota ms.: «Dono della signora Giulia Grob, pronipote di Enrichetta Blondel Manzoni». Un secondo cartiglio riporta la segnatura precedente: BNB 7 18 A 21. La seconda carta di guardia posteriore recto reca la scritta a matita «Les frères ennemis | Alexandre» (titoli delle due tragedie contenute nel primo volume). Sul frontespizio del primo volume, sigla del catalogatore «AD». A p. 172, timbro della BNB con data d’ingresso 19 giugno 1914.

Vicenda collezionistica

Dono Giulia Gron, nipote di Enrichetta Blondel. Ingresso in Braidense 19 giugno 1914

Presentazione

Le «Oeuvres de Racine, la dernière édition avec commentaire» figurano nell’elenco di libri che Manzoni chiede a Fauriel di acquistare per lui a Parigi in data 23 maggio 1817 (lettera 118). L’edizione effettivamente ricevuta fu quella pubblicata a Parigi, presso Le Normant, nel 1808, «avec commentaire de J.-L. Geoffroy», oggi non conservata nella biblioteca manzoniana (cfr. CARTEGGIO MANZONI-FAURIEL, pp. 231 e 234). Una esplicita citazione raciniana compare inoltre nella lettera del 21 gennaio 1832 a Victor Cousin: «Et en vérité. j’aimais encore mieux me laisser de vous communiquer réellement la millième partie de ce que j’aurais voulu vous dire, pour te parler et t’entendre, comme dit le ci-devant Racine» (lettera 384). Racine è un autore ampiamente presente negli scritti manzoniani, a partire dal suo ruolo nella digressione sui romanzi d’amore del FL («Vi sono stati due Giovanni Racine. Uno per aver la grazia dei potenti adulò in essi apertamente il vizio [...]. Questi è quel Giovanni Racine che scriveva rime d’amore. L’altro, viveva ritirato tranquillamente nel seno della sua famiglia [...]. Questi è quel Giovanni Racine che si pentiva di avere scritte rime d’amore» (II, I, 18-22). Il suo nome è inoltre citato in vari luoghi della Lettre a M. Chauvet; nel saggio Del romanzo storico; nel Sentir messa e nell’Appendice alla relazione Dell’unità della lingua. Questa edizione, che contiene solo poche tragedie, reca postille che si limitano alla traduzione italiana di alcuni vocaboli francesi. Il che, insieme alla grafia, esclude la paternità manzoniana.


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LO1E025678

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