MANZ.BRU. H.04. 575 3 [Postillato] Brusuglio, Villa Manzoni

1.

Pagina: 213

Io non so come andasse la faccenda a que’ tempi, ma a’ nostri son certo che questa moneta non isparirebbe, ma correrebbe quanto [<i>su</i> <...>] la vecchia; poiché accorgendosi gli uomini del suo maggior valore, la riceverebbero ne’ contratti per quel più ch’ella avrebbe d’intrinseco. Io non so neppure se questo rifacimento di mezza la moneta sia mai accaduto, ma se è accaduto, e la nuova migliore moneta è scomparsa mi fa molta maraviglia, e se questo caso non è che una ipotesi dell’autore mi fa più maraviglia ch’egli non abbia preveduto questo effetto ch’io ho detto, egli che con tanto ingegno ragiona dei rimedj che in queste cose la sagacità degli uomini adopera contra le non savie leggi. Egli è certo che quando gli uomini possono spendere una moneta per quello ch’essa vale non incontreranno l’inutile fatica di fonderla, e la potranno spendere ogni volta che chi la deve ricevere suppone ch’essa ha veramente quel valore.

2.

Pagina: 242

>…< Ma io non so intendere come non si alzasse nel corso il valore di queste monete inglesi, e come con questo alzarsi non venisse tolto ogni utile nel rifonderle. Certo se questo si facesse ai dì nostri, a queste monete si attribuirebbe nel corso quel valore ch’esse avrebbero più delle altre per la gratuità del conio, e quindi o il governo non ne riceverebbe mai (supposto che non in tutta le monete si usasse questa generosità, o monete forestiere avessero corso) o le dovrebbe ricevere al corso comune. E questo sarebbe il vero e forse il solo inconveniente di questo metodo. Questo è accaduto mille volte, che il Principe ha detto questa moneta val dieci, verbigrazia; e il pubblico l’ha stimata più, l’ha spesa più, il Principe [<i>su</i> <...>] l’ha ricevuta per più, e nessuno ha pensato a fonderla. Se poi non volesse il Principe riconoscere altra moneta che questa certo ne nascerebbero impicci assai, e forse anche pensandoci io non verrei a capo di indovinarli e ad ogni modo non ne ho voglia. | Forse non sarebbe altro che un accrescimento di tributi, venendosi a pagare p.e. undici invece di dieci: e il Principe poi trovando aver un decimo dippiu non lo vorrebbe perdere, e pagando, che si che s’accomoderebbe al corso comune. [O forse ne verrebbe un immaginario ribasso nei prezzi delle cose, poiché chi fosse uso vendere la tal merce undici lire, vedendo che undici lire di valuta di metallo avessero nome dieci, la [<i>ins.</i>] venderebbe per dieci.]

3.

Pagina: 243

[>…< Ma io non so intendere come non si alzasse nel corso il valore di queste monete inglesi, e come con questo alzarsi non venisse tolto ogni utile nel rifonderle. Certo se questo si facesse ai dì nostri, a queste monete si attribuirebbe nel corso quel valore ch’esse avrebbero più delle altre per la gratuità del conio, e quindi o il governo non ne riceverebbe mai (supposto che non in tutta le monete si usasse questa generosità, o monete forestiere avessero corso) o le dovrebbe ricevere al corso comune. E questo sarebbe il vero e forse il solo inconveniente di questo metodo. Questo è accaduto mille volte, che il Principe ha detto questa moneta val dieci, verbigrazia; e il pubblico l’ha stimata più, l’ha spesa più, il Principe [<i>su</i> >...<] l’ha ricevuta per più, e nessuno ha pensato a fonderla. Se poi non volesse il Principe riconoscere altra moneta che questa certo ne nascerebbero impicci assai, e forse anche pensandoci io non verrei a capo di indovinarli e ad ogni modo non ne ho voglia. | Forse non sarebbe altro che un accrescimento di tributi, venendosi a pagare p.e. undici invece di dieci: e il Principe poi trovando aver un decimo dippiu non lo vorrebbe perdere, e pagando, che si che s’accomoderebbe al corso comune.] O forse ne verrebbe un immaginario ribasso nei prezzi delle cose, poiché chi fosse uso vendere la tal merce undici lire, vedendo che undici lire di valuta di metallo avessero nome dieci, la [<i>ins.</i>] venderebbe per dieci.