Lettera n. 202

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Zajotti, Paride
Data
6 luglio 1824 (il 6. luglio 1824)
Luogo di partenza
Brusuglio, presso Milano
Luogo di arrivo
[Verona]
Lingua
italiano
Incipit
Lo stralcio di cui ella si lagna
Regesto

Alessandro Manzoni scrive a Paride Zajotti di non abbattersi se la Cancelleria di Presidenza del Governo ha tagliato il suo articolo sull'Adelchi. Lo ringrazia per le lusinghiere parole per i suoi scritti; manifesta il dispiacere per le critiche che Zajotti ha rivolto ai romantici.

Testimoni
  • (copia) Milano, Biblioteca Nazionale Braidense, Manz.B.I.122, cc. 2rv
    (ARIETI-ISELLA 1986, vol. I, p. 872 segnalava l'autografo di proprietà di Adolfo Zajotti a Carpenedo di Mestre, non rintracciato dagli editori dei CARTEGGI LETTERARI 2016. Una fotografia è conservata a Milano presso il Centro Nazionale di Studi Manzoniani, Archivio Arieti)
Edizioni
  • ZAJOTTI 1882, pp. i-viii.
  • SFORZA 1889, pp. 51-55.
  • BERTOLDI 1897, pp. 357-362.
  • SFORZA 1912-1921, vol. II, p. 145.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 202, vol. I, pp. 357-363, note alle pp. 872-873.
  • ROTA 1987-1989, vol. I, pp. 334-337.
  • CARTEGGI LETTERARI 2016, lettera n. 45, pp. 143-149, note alla p. 150.
Opere citate

Adelchi

+ Testo della lettera

Pregiatissimo Signore

Lo stralcio di cui Ella si lagna è cagione a me di più d'un vantaggio; e per primo io debbo contare questa così amorevole e così gradita lettera alla quale ho l'onore di rispondere. Di poi, le censure che saranno rimaste, mi potranno essere soggetto di riflessione e occasione di profitto: le lodi non m'avrebbero servito che a farmi gonfiare. Sicché alla fine dei conti è per me una buona ventura l'aver cambiato un publico ma pericoloso vanto con un privato e prezioso contrassegno di benevolenza. Quanto all'articolo, io son certo che peccava di troppo favore, e lo argomento da quello di che abbonda la troppo cortese sua lettera: non si dolga Ella quindi, che ne sia stato tolto un eccesso. Del resto, già entro quel primo articolo Ella aveva in poche parole rinchiusa una misura così sovrabbondante di lode, che veniva a trovarsi in debito d'assai colla critica: e la mutazione avvenuta in codesto secondo non farà che saldare una ragione alterata da una indulgenza soverchia; per la quale non debbe però essere né più scarsa né meno durevole la mia riconoscenza.
Non vorrei che una mia preghiera Le paresse stravagante; ma io debbo assolutamente pregarla di non mandare ad effetto il gentile pensiero, ch'Ella mi ha manifestato, di comunicarmi l'articolo intero. Per tutto ciò che risguarda il giudizio che altri possa portare publicamente delle mie qualsisieno fatture, io mi sono prescritto di starmene nella più rigorosa inazione, e d'ignorare, per quanto sia possibile, ogni cosa, salvo ciò che mi venga dinanzi bell'e stampato. Non le starò a dire le ragioni che mi fanno operare a questo modo: sarebbe una seccatura per Lei, per me una confessione: basta che derivano da tutt'altro principio che da quella indifferenza ch'Ella per motivi troppo cortesi vuol supporre in me, e per sentire la quale io non ho, né abbastanza di superbia, né abbastanza d'umiltà. Ora, s'io ricevessi la comunicazione ch'Ella si è degnata di propormi, mi parrebbe di contraffare a questa mia legge. Oltracciò quale è l'effetto più naturale dell'intendere elogi espressi in quello stile ch'Ella possiede, scritti pel publico, e sottratti agli occhi del publico, se non di provarne una compiacenza mista di rammarico? E questa compassionevole mistura di sentimenti, questa, s'Ella mi permette di così esprimermi, gola frustrata di vanità, che in altrui mi parrebbe ridicola, non posso dire ch'io non sarei per provarla io; debbo anzi dire ch'io prevedo che la proverei. Restiamocene adunque, Ella colla sua gentile intenzione, io colla gratitudine per questa, e colla giocondità dell'esserne fatto certo da Lei in così amabile modo, e con un così degno e amorevole ufizio.
[...]
P. S. Questa lettera era già molto oltre, quando mi venne comunicato l'articolo di cui mi parlava la pregiatissima sua. Lettolo, io ho ragione di credere che per qualche novo consiglio, sia stato stampato nella sua primiera integrità: tanto ribocca di espressïoni troppo favorevoli per me. Ciò non ostante, io lascio partire questa lettera tal quale, perché essa risponde direttamente a ciò ch'Ella mi aveva pur voluto scrivere in quell'altro supposto. Quanto alle censure, cessi ch'io voglia annoiar Lei e tormentar me con apologie, e ringolfarmi in quei pensieri della composizione dai quali son ben contento d'essere uscito una volta. Per quello soltanto, di che Ella mi si è mostrata così umanamente sollecita, Le dirò che io non so immaginarmi uomo di vanità così permalosa che si dolesse dell'esser censurato a codesto modo e in codesti termini. E desidero ch'Ella accolga le soprascritte mie osservazioni con quell'animo che io le sue.