Lettera n. 1082

Mittente
Manzoni, Alessandro
Destinatario
Luti, Emilia
Data
5 settembre 1854
Luogo di partenza
Milano
Luogo di arrivo
[Milano o Carate Brianza]
Lingua
italiano
Incipit
Eccole il libro che mi si fa l'onore di desiderare
Regesto

Alessandro Manzoni spedisce un esemplare dei Promessi sposi (nell'edizione in 2 voll. Milano, Redaelli, 1852) a Emilia Luti, che glielo aveva chiesto per conto d'altri. Alla domanda su quale testo del romanzo fosse il migliore, nelle due versioni del 1827 e del 1840, Manzoni risponde sollevando alcune questioni di lingua.

Edizioni
  • FOLLI 1877-1879, vol. I, pp. [xxxvi-xxxvii] (parziale).
  • SFORZA 1882-1883, vol. II, p. 231.
  • ARIETI-ISELLA 1986, lettera n. 1082, vol. III, pp. 18-19, note alla p. 577.
  • CARTEGGI LETTERARI 2017, lettera n. 449, pp. 1123-1224.
Opere citate

I promessi sposi

+ Testo della lettera

Pregiatissima Signora Emilia,

Eccole il libro che mi si fa l'onore di desiderare, e che La prego di gradire, rozzo com'è, e non darmi la mortificazione di vederlo ritornare indietro.
Qual sia il meglio, di questo o del suo antecessore, non si troverà mai, perché non è buono, né l'uno nè l'altro. La questione dunque non può esser che del peggio; ma anche questa non vedo come si possa risolvere, se non con l'esaminare quale sia il più o il meno toscano.
O è questione di lingua, o è questione di stile.
Se è di lingua, dove si può trovar la regola per giudicare della lingua d'un libro, se non nella lingua medesima? E cos'è una lingua, secondo il senso universale degli uomini che furono, che sono e che saranno, se non il complesso de' vocaboli usati da una società per dire tutto quello che dice? E dove trovar questo in Italia, se non s'accetta per lingua comune una delle vere lingue che ci sono, anche troppo, in Italia? E quale di queste se non la toscana, accettata già da cinque secoli? Accettata, non gia concordemente, costantemente, efficacemente, come si dovrebbe; ma la sola che sia accettata in qualche maniera. Si dirà forse che questa regola si trova pure anche fuori della lingua toscana. Lo nego. Se ne trovano molte, che vuol dir nessuna. Certe parole in certi scrittori, cert'altre in cert'altri; alcune in un vocabolario, alcune in un altro; quetsa per una ragione, quest'altra per un'altra; e anche questo non tutti d'accordo: tutt'altro; e per necessità; giacché come ci può esser accordo fuori dell'unità? Sicchè, mentre per lingua il senso universlae intende il dir tutto uniformemente, qui si chiamerebbe lingua, il dire solamente alcune cose, e anche queste diversamante in gran parte.
O è questione di stile; e siamo ancora lì. Lo stile non è altro che la maniera di mettere insieme i materilai d'una lingua; sicché la questione fondamentale è ancora di lingua. Come giudicare della maniera di comporre le parole se non s'è fissi sulla ragione delle parole? Torna anche qui quel primo guazzabuglio, di prendere un criterio in un caso, uno in un altro, cioè di non avere un vero, cioè un unico criterio.
Ma il mezzogiorno s'avvicina, e Lei sa che, su questa materia, non la finirei mai***
La prego ** di scusar questo scarabocchio, e di bruciarlo, e soprattutto di credermi e di volermi

Suo aff.mo serv.e e amico
Alessandro Manzoni